Fra i personaggi che diedero lustro a Notaresco va senz'altro ricordato Ignazio Rozzi (1797-1870), medico e naturalista laureato a Napoli. Professore al Liceo di Teramo, fu l'animatore della Società Economica di Teramo, e a lui si deve l'iniziativa per la formazione in Teramo di un orto botanico. Fondò la rivista Il Gran Sasso d'Italia che fu determinante per lo sviluppo economico dell'intero Abruzzo. Merita di essere ricordato, poi, Giuseppe De Vincenzi (1814-1903), autore di scritti filosofici ed esperto agronomo, deputato in varie legislature e più volte Ministro dei Lavori pubblici. Ma la storia di Notaresco, durante il XIX secolo, fu anche segnata da un gruppo di famiglie, i cui componenti si distinsero per l'impegno sia in campo politico che in campo intellettuale. I loro cognomi sono Romualdi, Mazzoni, Martenucci, Urbani, Clemente, De Colli. Tra i Romualdi vanno ricordati soprattutto Ciro che, con la moglie Almerinda Speranza, fu un protagonista dell'epopea risorgimentale. Con loro, il figlio Alessandro, caduto in battaglia. Più tardi, all'inizio del Novecento Giuseppe, avvocato, scrittore e commediografo. Della famiglia De Colli vanno menzionati gli scrittori (e farmacisti) Niccolò e Alessandro e la pittrice Carlotta.
Ancora molto diffusa nell'area di Notaresco la lavorazione del rame. Sviluppata, inoltre, è la produzione di tessuti tipici in lino e cotone, attività un tempo prevalentemente casalinga, basata sull'uso dei telai a mano presenti in quasi tutte le famiglie della comunità. A questa attività ne appariva collegata un'altra, complementare, quella della tintoria, oggi non praticata nella forma tradizionale che presupponeva la produzione in proprio dei colori e l'uso di enormi caldaie di acqua bollente nelle quali si immergevano i tessuti da tingere.
Non va tralasciata la produzione della ceramica e del legno.
Quella di Notaresco è una zona ricca di prodotti agricoli, protagonisti dell'economia locale. Vi si producono il vino locale Montepulciano, nonché il Cerasuolo e il Trebbiano. La realtà economica vive, tuttavia, anche di alcune industrie alimentari.